Sofrologia per cavalieri: gestire positivamente le emozioni.
Un blocco? Un trauma? Una paura improvvisa? Capita spesso che dopo una caduta, un evento traumatico vissuto in prima persona o da spettatori, non riusciamo più ad avvicinarci ai cavalli o a praticare il nostro sport come prima. Ad alcuni di noi manca la lucidità, altri si paralizzano, altri ancora perdono la capacità di concentrarsi, altri arrivano a tremare e ad avere attacchi di panico. La casistica all’origine di un blocco è molto ampia e altrettanto le reazioni che induce, ma il risultato è sempre lo stesso: non riusciamo più a praticare il nostro sport serenamente e traendone la stessa soddisfazione e lo stesso piacere di prima. Ci sentiamo persi, a volte persino frustrati. Questa emozione, già spiacevole per noi, ha un’influenza non solo sulla qualità della nostra prestazione sportiva, ma anche sulla qualità della connessione con il cavallo, sul suo stato emotivo ( ricordiamoci che si tratta di un animale gregario ) e sulle sue reazioni.
La paura, lo stress, il dubbio sono spesso fonte di grande disagio per i cavalieri e impediscono alla relazione col cavallo, che sta alla base del nostro sport, di tradursi in una connessione profonda e serena.
Ugualmente, l’incapacità a gestire la frustrazione che possiamo provare di fronte a un fallimento, a un comportamento del cavallo spiacevole o a dinamiche ripetitive che non riusciamo a modificare, può portarci a riprodurre la stessa situazione senza fine, finendo per essere sempre meno in sintonia col nostro cavallo.
Sono tanti gli stati emotivi che possiamo sperimentare nel corso del nostro percorso di amazzoni e cavalieri ed essi hanno un’incidenza particolarmente importante, data la grande intelligenza emotiva dei nostri compagni di sport. Il cavallo diventa spesso un vero e proprio specchio e riflette le emozioni e il comportamento del suo cavaliere. Così, con cavalieri preda di stati emotivi negativi, si creeranno situazioni spiacevoli per il binomio, difficoltà a interagire con il cavallo, escalation di incomprensioni che andranno a compromettere il benessere del binomio e il piacere legato alla pratica sportiva.
La sofrologia permette ai cavalieri di ricentrarsi, di riprendere il controllo delle emozioni, di eliminare le tensioni e di ottimizzare le loro capacità fisiche e mentali. Se il cavaliere è sereno e fiducioso, il cavallo lo sarà altrettanto e la connessione nel binomio otterrà i risultati attesi.
Gli accompagnamenti in sofrologia sono efficaci a tutte le età, a qualsiasi livello e per qualsiasi disciplina e permettono di entrare in uno stato emotivo utile alla creazione di una relazione di qualità col cavallo, indispensabile alla pratica di un’equitazione rispettosa del benessere dei cavalieri e dei cavalli. La sofrologia lavora sul corpo dei cavalieri, in particolare sulla loro respirazione, che i cavalli percepiscono in modo del tutto particolare ( esistono cavalli così sensibili da sintonizzare il loro respiro sul respiro dei cavalieri, cosa che può risultare una risorsa in certi casi, ma un grande limite in altri ), ed è proprio la respirazione che diventa il mezzo per migliorare la comunicazione con i cavalli.
Controllare le emozioni passa attraverso la comprensione del funzionamento del corpo. Tutto inizia col ritmo cardiaco: quando il ritmo cardiaco è troppo elevato, il cuore invia un segnale al cervello che attiva il sistema nervoso simpatico. Questo sistema è associato a emozioni come lo stress, l’angoscia, la paura, la rabbia. Invece quando il ritmo cardiaco è più lento, si attiva il sistema nervoso parasimpatico, associato allo stato di benessere, calma, fiducia, serenità. Grazie a esercizi di respirazione, è possibile passare dal sistema nervoso simpatico a quello parasimpatico, impedendo così di lasciarci travolgere dalle emozioni. Occorre sottolineare che una corretta respirazione nello sport è assolutamente indispensabile, in quanto permette l’ossigenazione del sangue e quindi del cervello e contribuisce alla gestione dello sforzo nonché al mantenimento della lucidità mentale durante lo sforzo.
Quali sono i benefici di un accompagnamento in sofrologia?
Come si svolge un incontro di sofrologia?
Esistono vari tipi di incontri:
1. In presenza in maneggio ( In Italia previo accordo con l’istruttore, durata un’ora e mezza - due ore).
La seduta si articola in tre momenti:
2. A distanza ( Videochiamata o telefono: un’ora circa ).
Dopo uno scambio verbale sui bisogni, le sensazioni, le difficoltà e le aspettative dell’utente, si svolgeranno esercizi mirati alla presa di coscienza del corpo, della respirazione, per eliminare le emozioni negative, con rilassamento e visualizzazioni utili a produrre le condizioni ottimali per la pratica dell’equitazione, agonista o non.
3. Accompagnamento in gara.
È una seduta breve adattata all’agonismo che si svolge a piedi insieme al cavallo prima della prova: si tratta di un vero e proprio concentrato di sofrologia che ha l’obiettivo di connettere immediatamente cavallo e cavaliere, eliminare lo stress, aumentare la concentrazione e il potenziale fisico e mentale del cavaliere.
È inoltre possibile effettuare sedute tra una gara e l’altra, individuali o di gruppo.
4. Stages.
Esiste infine la possibilità di organizzare stages di una giornata in gruppo (per un minimo di 5 cavalieri) o individuali dove si alternano esercizi a piedi, vicino al cavallo e in sella.
La mia storia personale.
Ti amo
Negli anni ho imparato che con i cavalli occorre entrare in uno stato emotivo utile a ciò che dobbiamo fare insieme. Mi sento di dire che la cosa va al di là di una corretta gestione delle nostre emozioni e del nostro stress, al di là dell’attivazione della nostra concentrazione e della nostra entrata nello stato di flow, la trance degli sportivi.
Nella mia vita di amazzone c’è stata una cavalla che mi ha insegnato più di chiunque altro. Si chiamava Ti amo, era una cavalla ipersensibile, ipereattiva, iperattiva. Era appena arrivata da me e scoprii che era anche autolesionista: quando l’ho montata per la prima volta, in un grande maneggio coperto, si mordeva regolarmente il petto fino a sanguinare, al primo galoppo mi sono sentita in soggezione per la sua potenza e percependo la mia emozione, lei reagì con la fuga e andò a sbattere contro le pareti del maneggio totalmente fuori controllo, picchiando ripetutamente la testa. La situazione era decisamente allarmante, sentivo crescere la paura e la rabbia, ma soprattutto sentivo il suo stress e le sue emozioni diventavano le mie.
Ti amo era una cavalla che non potevo andare a prendere in paddock come un cavallo qualunque: se arrivavo un po’ distratta o trascinando i piedi pensando a tutte le cose da fare e alla mia stanchezza, peggio se ero arrabbiata o di fretta, non si faceva prendere, saltava e iniziava a galoppare ovunque in maniera incontrollata. Dovevo mostrarmi felice di vederla, chiamarla dolcemente con voce pacata ma senza esitazioni. Quando riuscivo a entrare nello stato ottimale del contatto con lei, non dovevo nemmeno usare la voce, non c’era bisogno di capezza e longina, mi seguiva fino al suo box come fosse un cane.
In gara guai a essere impaziente o delusa, lei diventava pazza, mi dovevo assicurare di essere calma, tranquilla, gentile e insieme determinata, bastava allora il mio sguardo per farla girare, saltava con grande facilità, praticamente la guidavo col pensiero. Se in un attimo di tensione trattenevo il respiro e sentendomi in apnea lei sfiorava una barriera, me lo poteva perdonare a patto di accorgermene subito e rilassarmi, se invece mi lasciavo invadere dalla delusione ecco che diventava ingovernabile e provava a caricare e a calciare chiunque fosse in campo.
Quando ancora mi conosceva poco, mi metteva regolarmente alla prova. Per esempio “beccava” in maniera violenta prima del numero 1 e staccava un tempo prima, se la seguivo con fiducia faceva un respiro profondo e finiva il giro come se fosse un cavallino per bambini. Se invece mi emozionavo diventava violenta e ingovernabile.
Altre volte è capitato che mi desse un calcio mentre passavo dietro di lei, sempre col posteriore destro e sempre sul sedere, non per farmi male, ma più come un calcetto che si dà a un amico per scherzare. Se reagivo con disagio, paura o rabbia diventava una belva, se invece la guardavo ridendo lei si girava verso di me, faceva il suo solito sospiro e diventava la mia migliore alleata. Questo calcio è diventato col tempo una specie di gioco tra di noi, se dovevo fare la ricognizione e qualcuno me la teneva a mano, passavo apposta dietro di lei e lei mi dava il calcetto, io ridevo e lei sospirava.
Ti amo era unica, aveva certamente comportamenti bizzarri, ma se entravo in connessione col suo stato emotivo e la sua sensibilità, era una fuoriclasse per intelligenza e doti atletiche. L’ho odiata e amata alla follia: la mia cavalla che mi ha insegnato la consapevolezza come nessun altro. Grazie a lei ho iniziato un percorso nuovo, con un approccio al cavallo e a me stessa molto più preciso, cosciente e raffinato.
Ti amo è stata una di quei cavalli che o gli apri il cuore e provi a capirli o ti fanno sputare sangue. È stata per me una maestra fino alla sua morte, per una colica improvvisa: non si reggeva più sulle gambe ma non ha voluto sdraiarsi a terra prima che io glielo chiedessi. Abbiamo lottato insieme e poi, quando ho capito che non c’era più nulla da fare, solo in quel momento si è lasciata andare.
Cavalli come Ti amo sono rari e preziosi. Lei mi ha aperto nuovi orizzonti e per questo la penso e la ringrazio ogni volta che monto in sella.